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Le morti sul lavoro feriscono il nostro animo – Sergio Mattarella

 

Ancora oggi, quotidianamente, muoiono tanti lavoratori, troppi. Il profitto, l’incuria, la disattenzione, la mancanza di controlli e, non ultimo, il fatalismo che si sedimenta come roccia, piegano la nostra coscienza? Chi crede ancora nella coscienza, nella sua forza “eversiva”, inciampa nelle domande che Camus si pone in una sua celebre opera: “Il fine giustifica i mezzi? È possibile. Ma chi giustificherà il fine?” (A. Camus, L’uomo in rivolta). L’uomo – merce di scambio, mezzo per arricchirsi, appartiene al regno dei fini? No, è solo un mezzo. I disoccupati, i diseredati, i poveri lazzari della parabola evangelica, hanno un volto? No, se inghiottiti dalla Totalità (Lévinas). Il volto dell’altro scompare nelle stanze del potere, nei bilanci aziendali, nelle tastiere degli speculatori finanziari, negli elenchi delle segreterie elettorali, nei piani militari di attacco, nelle società che sfruttano le risorse del pianeta. “Il volto dell’altro porta con sé un comandamento: tu non mi ucciderai” (Lévinas).

È su questo comandamento che poggia la responsabilità, ovvero il primato dell’etica sull’economia, sul profitto. Parliamo invece di irresponsabilità quando “al di là degli elementari obblighi di legge si suppone di non dover rispondere ad alcuna autorità pubblica e privata” (L. Gallino, L’impresa irresponsabile). Il triste bollettino giornaliero porta alla cronaca elenchi di morti annunciate, di meccanismi ad orologeria, di micce accese, di responsabilità nascoste accuratamente. La nostra Carta costituzionale, nonostante i suoi settantacinque anni, ci ricorda il valore della persona, della libertà e del lavoro. Non dimentichiamola!

Salvatore Vaccarella

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